Trenino Vaca Mora

Curiosità sul trenino “Vaca Mora”

“Vaca mora” era il termine popolare con cui veniva chiamato il trenino a vapore che si arrampicava sbuffando dalla pianura vicentina fin sull’Altopiano di Asiago; più in generale il termine andò ad identificare i treni a vapore di montagna, alcuni dotati di cremagliera.

 

Una curiosità che potrebbe spiegare un appellativo così singolare come “vaca mora” viene raccontata da Chiericato e Gasparella nel loro libro1nel secondo dopoguerra, era consuetudine che i mariti facoltosi mandassero le consorti in villeggiatura ad Asiago per trascorrere le famose settimane bianche. I mariti, impegnati nel loro lavoro, rimanevano però a casa, così “affidavano” le loro gentili signore ai maestri di sci perché imparassero questa attività di svago. Quando i sabati successivi i mariti salivano in treno all’Altopiano per riportare a casa le mogli, qualche ferroviere burlone si inventò di porre una traversina in ferro sul fumaiolo della locomotiva; in questo modo il fumo, uscendo, si biforcava a mò di corna…

 

Il tratto di ferrovia tra le stazioni di Cogollo e di Campiello della Rocchette-Asiago era provvisto di cremagliera per far superare al treno un dislivello di quasi 700 metri in poco più di 6 Km. Nell’impegnare questo tragitto il treno avanzava con grande fatica e molto lentamente a circa 10 Km/h. Qui “i giovani baldanzosi, volendo far vedere agli amici e alle ragazze il loro coraggio, scendevano dal treno” in movimento, “andavano a raccogliere un fiore e poi di corsa riuscivano a risalire nell’ultima carrozza con il fiatone e consegnavano l’omaggio alla ragazza più bella con un grande inchino” 2.

 

Alla stazione di Schio, nel giorno di Pasqua, i ferrovieri spingevano una carrozza in leggera salita dove si fermava il binario a scartamento ridotto. Lì bloccavano il vagone e fissavano lungo i binari i petardi normalmente utilizzati in caso di nebbia. “Alle 10 circa, quando dal Duomo di San Pietro arrivava il primo scampanìo del Gloria, un ferroviere allentava il freno a mano e lasciava libera la carrozza che scendeva dalla leggera pendenza facendo esplodere i petardi con un fragore udibile in tutta la città”. I bimbi potevano stare seduti entro la carrozza mentre “arrivava lentamente in fondo alla discesa, avvolta dal fumo, tra gli applausi degli scledensi che assistevano quasi ad un rito” 3

 

1 – Chiericato G. e Gasparella G. (1995), Ferrovia a cremagliera Rocchette-Asiago (La più ardita ed alta d’Italia), Asiago, Edizioni Bonomo, p.78

 

2 – ibidem, p.76.

 

3 – Piazza Giuseppe (2008), Con gli occhi di un bambino, Schio, Edizioni Menin, p.132.

Alessandro Rossi

Alessandro Rossi (Schio, 21 novembre 1819 – Santorso, 28 febbraio 1898), imprenditore e politico italiano.

 

Fin da piccolo, Alessandro ebbe modo di conoscere le attività del Lanificio Rossi, fondato a Schio dal padre Francesco nel 1817. Questa industria segnò la vita del giovane Alessandro e quando; dopo la morte del padre nel 1848, fu alla guida della Lanerossi, riuscì a trasformarla in breve tempo, in una delle maggiori industrie laniere nazionali. La maestria imprenditoriale di Alessandro non si limitava all’ambito economico-produttivo (gli investimenti per aumentare la capacità produttiva dell’azienda, l’introduzione di innovazioni tecniche, il potenziamento degli impianti esistenti e la costruzione di nuovi, ecc.), rivelò anche una particolare sensibilità verso i “suoi” lavoratori e il sociale (la costruzione dell’asilo per i figli dei dipendenti, il teatro Jacquard con annesso giardino, il quartiere operaio con spazi verdi e la scuola elementare, ecc.). Alessandro Rossi intraprese anche l’attività politica: nel 1866 fu eletto deputato e quattro anni più tardi senatore, facendosi portavoce degli interessi industriali e facendo della sua Lanerossi un punto di riferimento per tutta l’economia italiana. Ed è proprio in questa ottica che dagli anni ’70 del 1800 si fa promotore della costruzione di una serie di vie di comunicazione stradale e ferroviaria dell’Altovicentino. Sarà proprio questa rete di comunicazioni a dare il definitivo impulso all’espansione dell’economia di tutta questa zona, permettendo collegamenti rapidi e più sicuri sia per le merci che per i passeggeri, poi.

 

La grande passione verso il “modernismo” di Alessandro fu raccolta dal figlio Gaetano, il quale il 2 gennaio 1893 divenne il possessore della prima automobile circolante in Italia, una “Peugeot Type 3”.

 

Il Monumento ad Alessandro Rossi, commissionato dalla sua famiglia ed inaugurato a Schio il 12 ottobre 1902, è diventato presto una sorta di omaggio, motivo di orgoglio e segno di gratitudine condiviso dagli stessi suoi concittadini, e non solo.

 

Nella Foto:  Il Senatore Alessandro Rossi artefice dei collegamenti ferroviari dell’Altovicentino. Biblioteca Civica di Schio. Ed. Bonomo

Il progetto di una rete ferroviaria di “montagna”

Dal 1800, nella zona dell’Altovicentino, al calo continuo del settore economico agricolo, si contrappose un crescente sviluppo del settore industriale. In particolare la disponibilità di manodopera, di acqua e di lane, impresse una caratterizzazione all’economia e alla società locale in favore dell’industria manifatturiera laniera e tessile, tanto che a metà secolo questo settore “occupava da solo oltre il 60% delle persone occupate, accentrandosi nei due poli primari di Schio e Valdagno”1

L’industria laniera fece da motore trainante per l’economia dell’Altovicentino, in particolare gli opifici di Rossi spiccarono per sviluppo tecnologico e modernità.

 

Vi era però il problema del trasporto delle materie prime necessarie per le fabbriche e della spedizione dei prodotti finiti che avvenivano ancora con i carri tirati da cavalli o buoi. Gli elevati tempi di percorrenza che limitavano lo sviluppo economico della zona, fecero si che proprio l’imprenditore Rossi si facesse promotore del progetto di costruzione di collegamenti ferroviari tra i poli produttivi dell’Altovicentino con Vicenza, quest’ultima città già allacciata dal 1846 con la maggior linea ferroviaria dell’epoca : la Milano-Venezia.

 

Tra il 1864 e il 1870 vennero elaborate le prime proposte di linee ferroviarie che interessavano il territorio, ma fu Alessandro Rossi proporre le tratte che avrebbero portato i risultati più immediati e a beneficio di tutti. Il 29 novembre 1872, il Consiglio Provinciale di Vicenza approvava la costruzione ed esercizio della ferrovia Vicenza-Schio, onere assunto dalla neofondata Società Veneta per le Imprese e Pubbliche Costruzioni, società concessionaria di trasporti pubblici ferroviari e tranviari con sede a Padova. Per quanto riguarda invece le altre tratte ferroviarie dell’Altovicentino, nel 1884 venne costituita la Società Anonima per le “Ferrovie Economiche di Schio”, con sede a Schio: vi facevano parte non solo le Amministrazioni del territorio e la Società Veneta, ma anche imprenditori locali rappresentati da Alessandro Rossi. A questa subentrò poi la Società Ferrovie Nord Vicenza fino al 1924 quando subì il fallimento.

 

1 – Chiericato G. e F. Segalla (1995), I treni delle lane. Ferrovie tra la Val Leogra e la Val d’Astico, Asiago, Edizioni Bonomo, p. 6.

Le linee ferroviarie dell’Altovicentino

Nel 1876 venne inaugurata la ferrovia Vicenza-Schio, a scartamento ordinario, che costituì la spina dorsale della rete ferroviaria dell’Altovicentino, tuttora in esercizio. La linea era lunga Km. 32 e costeggiando le strade provinciali prevedeva una stazione a Thiene, raccordo per la futura tratta che portava ad Asiago, a Villaverla, sede di un’industria laterizia in forte crescita, a Caldogno e a Motta. Alla stazione di Schio furono realizzati anche il magazzino merci, la rimessa per le carrozze e locomotive, l’officina per le riparazioni e i depositi di carbone e di materiale d’armamento.

Si doveva poi progettare il collegamento longitudinale del territorio che prevedeva la linea: Torrebelvicino-Schio-Rocchette–Arsiero , completamente in pianura e ai piedi delle montagne, e la linea Thiene-Chiuppano/Caltrano-Rocchette–Asiago, un tratto in pianura e l’altro in montagna. Quasi tutte le brevi tratte ferroviarie erano costruite a scompartimento ridotto.

 

• La Torrebelvicino-Schio (1885 e dismessa nel 1925) lunga Km. 2,8, partiva direttamente dall’interno del lanificio Rossi, situato sulla sponda sinistra del torrente Leogra, a Torrebelvicino. Dopo una brevissiva salita, arrivava alla stazione, posta in prossimità della Chiesa parrocchiale San Lorenzo. Costeggiando il Leogra, arrivava a Pievebelvicino, dove vi era un altro opificio Rossi, per proseguire fino a Schio, attraversando il Quartiere Operaio.

 

• La Schio-Rocchette (1885 e dismessa nel 1949) lunga Km. 10,5, dopo aver lasciato la stazione di Schio e fiancheggiato per un breve tratto la ferrovia per Vicenza, con una gran curva voltava verso Santa Trinità dove vi era una fermata. La strada ferrata proseguiva parallelamente a quella provinciale, separate solo da una fila di paracarri in pietra. Attraversato il ponte in ferro in località Timonchio era posta la stazione di Santorso e poi si proseguiva fino a Rocchette dove si trovavano altri due opifici Rossi.

 

• La Rocchette-Arsiero (1885, lievemente modificata nel tracciato nel 1933 per evitare gli incroci con la viabilità stradale, dismessa nel 1949), lunga Km. 7,7 nella sua ultima variante, fiancheggiava la strada pedemontana con alcuni tratti in galleria. In prossimità di Posina la ferrovia transitava su un ponte a tre arcate lungo 40 metri sul torrente omonimo per poi costeggiarlo fino ad arrivare alla stazione di Arsiero, dove Alessandro Rossi nel 1878 aveva fondato la Cartiera, industria legata anche alla produzione del tabacco della Val del Brenta perchè forniva le carte fini utilizzate per la fabbricazione delle sigarette.

 

• La tratta Thiene-Rocchette, costruita a scartamento normale e lunga Km. 10,9, entrò in funzione nel 1907, permettendo di allacciarsi alla stazione di Thiene con la linea principale Vicenza-Schio, e fu dismessa nel 1964. Partendo da Thiene si dirigeva verso Zanè per arrivare alla prima stazione di Carrè e proseguendo ancora quella più importante di Chiuppano-Caltrano, punto di convergenza dei prodotti della zona. Compiendo poi un’ampia curva, la ferrovia entrava direttamente a Rocchette.

 

• La tratta che più di ogni altra entrò a far parte dell’immaginario degli abitanti della zona fu la Rocchette-Asiago, lunga Km. 21,2, inaugurata nel 1910 e attiva fino al 1958. Non solo permise all’Altopiano di Asiago di uscire dall’isolamento in quanto collegato fino ad allora alla pianura solo dalla Carrozzabile del Costo e da tre percorsi a gradini, ma soprattutto questa breve tratta fu un’opera di alta ingegneria per l’epoca e motivo di orgoglio per le popolazioni locali.

Il progetto iniziale era del 1884, ma solo dopo lunghe modifiche dovute soprattutto alle difficoltà orografiche del territorio nel 1907 iniziarono i lavori. Partendo da Rocchette, il treno impegnava fin da subito la prima galleria lunga quasi 92 metri e subito dopo l’alto ponte-viadotto sul torrente Astico, per arrivare alla prima stazione di Cogollo. Proprio dopo questa stazione iniziava la durissima salita del Costo che portava fino alla stazione di Campiello, dove il treno doveva rifornirsi di acqua e carbone. Questa parte del tracciato necessitava di una cremagliera per passare da quota 297,3 m. slm a quota 956,6 m. slm.

Il tracciato prevedeva poi la costruzione di 8 gallerie, alcune erano dei veri tornanti nelle viscere della montagna lunghi oltre 200 metri, e brevi ponti per limitare il più possibile gli incroci con la viabilità della Strada del Costo, massicciate di contenimento, passaggi a livello, 10 caselli e le altre stazioni di Tresché Conca, Cesuna, Cesuna e naturalmente Asiago.

La “vaca mora” era adibita non solo al trasporto passeggeri contribuendo al successivo sviluppo del turismo, ma anche al trasporto in pianura del marmo rosso e legname di cui l’Altopiano era ricco.
Soprattutto due realizzazioni valsero a questa tratta la fama della “più ardita e alta d’Italia”, opere importanti ed impegantive come la costruzione di un ponte sospeso a 70 metri sul torrente Astico, costituito da tre arcate in muratura di 60 m. e travata unica a traliccio in ferro della lunghezza di 92 metri per una lunghezza complessiva di 152 metri; ed inoltre la realizzazione di un tratto a cremagliera, da Cogollo del Cengio a Campiello, per consentire il superamento di un dislivello di quasi 700 metri, con una pendenza media di 11,5% e punti di massima di 12,5%, in appena 6,6 Km di ferrovia.

La chiusura delle tratte ferroviarie

Durante la Grande Guerra, queste ferrovie “di montagna” si rivelarono strategiche per i rifornimenti bellici al fronte di guerra. La loro utilità incrementò la costruzione di centinaia di strade che, collegando le varie località, contribuirono però alla successiva scomparsa del trasporto su rotaia, fattosi sempre più antieconomico.

 

La Seconda Guerra Mondiale vide invece le tratte ferroviarie subire pesanti bombardamenti dagli aerei nemici e azioni di sabotaggio che ne causarono un ulteriore decadimento. Intorno alla metà del ‘900 quasi tutte queste ferrovie locali furono dismesse e molte furono inglobate nelle nuove strade asfaltate.

Tipi di locomotive utilizzate

Come spesso succedeva per le nuove linee ferroviarie, le locomotive appositamente commissionate venivano “battezzate” con nomi legati alla tratta su cui avrebbero svolto la loro attività.

 

Così per la linea Torrebelvicino-Schio-Rocchette-Arsiero:

• la ditta “Cerimedo & C.” di Milano nel 1883 fornì le locomotive con rodiggio 0-3-0t Leogra e Astico;

• la Henschel e Sophn di Kassel consegnò nel 1884 le locomotive con rodiggio 0-2-0k Schio e Arsiero; e dal 1906 altre 9 locomotive con rodiggio 0-3-0t;

• la Krauss di Monaco costruì nel 1884, 1885 e 1910 le locomotive con ridiggio 0-3-0t Torraro, Summano, Cima Posta e Pasubio.

 

Per la linea Rocchette-Asiago:

• la ditta svizzera S.L.M. di Winterthur fornì tra il 1909 e il 1011 le locomotive con rodiggio 0-3-0t A.Rossi, Asiago, Roana, Rocchette.

La cicloturistica “Vaca mora”

Soltanto di recente, e solo in sporadici casi, sull’antico sedime ferroviario sono state create delle piste ciclabili, mantenendo anche alcuni elementi caratteristici delle vecchie linee dei treni. È il caso delle ciclabili Rocchette-Arsiero e Campiello-Asiago.

 

Ecco quindi l’idea dell’Associazione Historic Club Schio di promuovere questo ideale connubio ed omaggio a due mezzi di trasporto, la bicicletta e il treno a vapore, che hanno segnato la storia di tutti noi con grandi passioni ed avventure memorabili.

 

La cicloturistica “Vaca mora ,raduno nazionale per bici d’epoca lungo i percorsi delle vecchie ferrovie di montagna, sarà quindi un’occasione speciale per lucidare e oliare le amate biciclette di una volta, magari indossare i vostri indumenti da ciclismo d’annata, e ripercorrere insieme i luoghi che il trenino “vaca mora” attraversava alla fine dell’800 fino alla prima metà del ‘900.

 

Per maggiori informazioni sulla manifestazione visita il sito www.vacamora.it. Ti aspettiamo!